La comunità di accoglienza per madri con bambini “La Casa di Tonia” aperta nel 2010 prosegue la sua attività di protezione e difesa della VITA, della famiglia, della maternità e dell’infanzia sul territorio napoletano. In breve riportiamo i destinatari del progetto, la metodologia educativa ed alcuni aggiornamenti.  Casa di Tonia è una comunità di accoglienza di tipo residenziale che si propone di tutelare la maternità e sostenere la genitorialità di gestanti o nuclei mono-genitoriali che si trovano in situazioni di disagio abitativo, economico, psicologico e sociale e prive sia di un supporto familiare e/o parentale sia del supporto del partner.

Dal 2010 ad oggi sono stati accolte 65 donne e 70 bambini.

Nel corso dell’anno 2019 la comunità ha accolto undici nuclei di cui 9 madri e due gestanti (una gestante ha partorito durante il periodo di accoglienza), dodici minori. Alla fine del 2019 sono stati dimessi, con esito positivo, due nuclei madre-bambino che hanno raggiunto un’autonomia personale, lavorativa, abitativa ed economica.

Nel corso dell’anno 2020 la comunità ha accolto cinque nuclei familiari. Attualmente la comunità offre accoglienza a cinque nuclei familiari di diverse etnie, una donna con tre bambini di anni 11 anni, 9 anni e 1 anno, una camerunense con bambina di 1 anno, una donna nigeriana con bambina di tre mesi e due donne salvadoregne con bambini di 1 anno e di 2 anni.

Il 2020 non è stato un anno facile per gli educatori che operano all’interno della comunità e per gli ospiti che vi risiedono, a causa dell’emergenza sanitaria ancora in atto. In piena pandemia, l’equipe educativa ha continuato il suo lavoro con responsabilità ed attenzione. Al riguardo, nell’ottica di azzerare le potenziali occasioni di contagio, è stata prevista la sospensione di tutte le visite dall’esterno (incontri protetti e non) nonché chiesto espressamente a tutte le ospiti di non allontanarsi dalla struttura né di incontrare persona alcuna per l’intera durata dell’emergenza, evitando, in ogni caso, contatti con l’esterno. Nel rispetto del DPCM e per limitare il contagio da Covid-19 l’equipe educativa ha adottato tutte le dovute precauzioni fornendo alle ospiti i dispositivi di sicurezza e protezione indispensabili quali: mascherine, guanti ed altro. E’ stato prescritto di indossare la mascherina sia nei luoghi comuni e sia nella propria stanza, mantenere sempre la distanza con le altre ospiti e soggiornare quanto più possibile nella propria camera.

La comunità di accoglienza fa fronte quotidianamente, ad un numero sempre crescente di richieste di accoglienza. Ad oggi sono calendarizzati diversi colloqui preliminari per la valutazione delle reali necessità dei nuclei richiedenti accoglienza.

I nuclei accolti sono stati segnalati dai Servizi Sociali del territorio, dalle parrocchie, dalle Fondazioni e dal Tribunale per i Minorenni.

Si accede all’ospitalità previo colloquio conoscitivo o su segnalazione del Servizio Sociale del Comune di Napoli. L’inserimento per la sua delicatezza di intervento, richiede un attenta valutazione della situazione segnalata, al fine di poter definire un primo contratto di inserimento.

Al fine di garantire il buon esito del percorso educativo ed il raggiungimento degli obbiettivi che esso si propone, la comunità e i servizi territoriali sono impegnati, ognuno con le competenze che gli sono attribuite, all’attivazione di un circuito virtuoso di rapporti tesi a favorire la soluzione migliore per il nucleo accolto, a tal proposito si è costruita una rete efficace di servizi che vede protagonisti tutti gli enti sociali e giuridici che sono da ritenersi parte integrante per la realizzazione dei progetti di ogni singolo nucleo ospite.

Per far fronte ai bisogni delle madri ospiti, la comunità ha stipulato protocolli d’intesa con associazioni ed enti presenti sul territorio.

Rispetto alla complessità dei casi accolti in questi mesi l’equipe educativa ha cercato di attuare un metodo costituito da un approccio rispettoso e facilitante nei confronti delle ospiti, evitando di far subire imposizioni ingiustificate e stimolandole a condividere le decisioni e ad accogliere i suggerimenti. Elemento fondamentale del lavoro degli educatori è la realizzazione di una relazione il cui obiettivo fondamentale è mettere l’altro in condizione di agire nella propria vita, di raggiungere i propri obiettivi autonomamente, senza mai sostituirsi a loro. Si tratta di un rapporto basato sull’attesa paziente, sul rispetto dei ritmi di crescita delle persone, anche quando si devono effettuare interventi di tipo direttivo-correttivo, oppure proposte, suggerimenti, nella ricerca costante di scoprire ed evidenziare il meglio dell’altro.

Anche per l’ospite è difficile entrare in un contesto sconosciuto ed a volte non desiderato perché non condivide la decisione presa dalle autorità competenti di inserirla in una comunità. E’ un lavoro mentale difficile, l’ospite deve cambiare le proprie abitudini e convivere con persone che non si sono scelte ma sono state scelte, dovrà adattarsi al nuovo stile di vita!

Alla luce di quanto esposto si sono evidenziati i seguenti punti di forza:

In primo luogo, il lavoro di equipe è stato favorito da una forte condivisione delle metodologie educative indicate nel progetto. Questo ha permesso l’instaurarsi di relazioni significative sempre più consolidate, nonché di un clima educativo che rende l’esperienza in comunità una risorsa sia per il singolo che per il gruppo. Tale clima ha portato, alcune donne ad intendere la Comunità come una “palestra di vita”, uno spazio di rielaborazione all’interno del quale poter dare un significato nuovo al proprio quotidiano, per poter maturare scelte importanti avvalendosi del sostegno dell’equipe e delle differenti professionalità che questa mette in campo.

È stato importante, inoltre, il continuo coinvolgimento degli assistenti sociali in ogni fase di definizione e sviluppo dei progetti individualizzati, con una presa in carico condivisa che ha permesso di evitare un “effetto delega” e che ha favorito il raggiungimento degli obbiettivi dei nuclei ospiti della comunità.

L’accoglienza di nuovi nuclei familiari, costituisce ogni volta una nuova sfida per l’equipe, che dovrà riuscire a far breccia nel muro di diffidenza con il quale le donne cercano di proteggere se stesse e i propri bambini, diffidenza che per la maggior parte dei casi nasce da una mancanza di conoscenza reciproca, da un background culturale diverso, fino a vere e proprie difficoltà di comunicazione dovute a limiti culturali o linguistici. Il lavoro dell’equipe in questi casi è quello di favorire l’instaurazione di un clima di fiducia, accogliente, sereno e familiare grazie al quale riuscire a creare quei canali di comunicazione e comprensione reciproca.

Si evidenziano, peraltro, alcuni nodi problematici, tra questi le perniciose relazioni burocratiche con gli enti preposti al monitoraggio delle strutture di questo tipo, che in alcuni casi non favoriscono la reciproca intesa ma che anzi sembrano ostacolarla. Siamo convinti che l’aspetto più difficile del progetto riguarda l’inserimento delle mamme in un contesto comunitario, che sappia accoglierle, ma anche farle buona compagnia nei momenti di solitudine. Il progetto può costituire un’opportunità per mettere a disposizione delle mamme nuovi strumenti per orientarsi nella giungla di relazioni di comunità spesso frammentate, malate, ma al tempo stesso piene di nuove vitalità e vivacità. Continuiamo come cittadini e come educatori a vivere il nostro impegno quotidianamente, accettando la complessità delle sfide.