Quelle che seguono sono solo alcune delle esperienze di vita vissuta nella Casa dalle nostre ospiti. I nomi sono di fantasia per tutelarne la privacy.


Sono nata trenta anni fa, in un Paese molto lontano. Ho viaggiato molto, passando da paese in paese. Qualche anno fa sono arrivata in Italia. Qui è nato il mio ultimo figlio. Subito dopo la sua nascita ho attraversato un momento difficile, ma per fortuna sono stata inserita nella comunità “ Casa di Tonia”. Dopo l’ingresso, ho scoperto di essere gravemente malata. Ancora oggi faccio continui controlli. La casa famiglia mi accompagna in questo momento di difficoltà e mi ha permesso di non perdere mio figlio. Anna

Vivo in casa famiglia da quasi due anni, con i miei figli più piccoli. Un po’ di tempo fa ho trovato il coraggio di denunciare il mio compagno che non mi trattava bene. In quel momento ho perso tutto. Ho avuto paura anche di perdere i miei figli. Ho chiesto aiuto ai servizi sociali che mi hanno inserito in comunità. Qui ho trovato la serenità con i bambini. Adesso sono alla ricerca di un lavoro che mi permetta di essere indipendente economicamente, in modo da per crescere i miei figli. Devo tanto alla casa famiglia che mi ha supportata ad affrontare tali difficoltà.Elena

Sono arrivata a “Casa di Tonia” dopo aver trascorso molti anni della mia infanzia in varie Comunità. Ho cercato di crearmi una vita ed una famiglia ma le difficoltà economiche purtroppo mi hanno riportato a dover chiedere nuovamente aiuto ai Servizi Sociali. In questo momento sembra che la conclusione del mio percorso in casa famiglia sia vicina. L’ingresso in Comunità mi ha permesso di far fronte alle difficoltà che si erano presentate e di rafforzare, in un percorso fatto anche con il mio compagno, le competenze genitoriali.Irene


La storia di una Mamma

Quando mi sveglio al mattino, sento, ogni giorno che passa, minuto per minuto, sempre di più, un’aria familiare… Quella sensazione che non provavo da tempo, e che insieme alle altre ragazze non dimenticheremo mai…

Si, non dimenticheremo mai quello che, Sua Eminenza il Cardinale Crescenzio Sepe, ha fatto per noi, ha costruito una casa di accoglienza, la Casa di Tonia, per noi ragazze abbandonate dalla vita, quella vita che ci portiamo dietro, quel passato che non riusciremo mai a dimenticare, quelle cattiverie subite da chi non capisce cosa vuol dire amare, aver cura di se stessi e degli altri.

Io sono una di loro, una ragazza che nella vita non ha mai avuto niente di positivo, ho fatto i miei errori, e dopo tutto questo, l’anno scorso, ho scoperto di essere incinta, tra tanti se, ma e però, ho deciso di tenere il bambino.

La mia famiglia non ha accettato la mia gravidanza e quindi sono andata dal parroco della mia chiesa che mi ha consigliato di rivolgermi alla Casa di Tonia.

In questa struttura mi trovo da quasi un anno, ma tra un pò andrà via, ritornerà dai miei genitori che, pian piano, hanno imparato ad amare mio figlio e, grazie all’aiuto degli educatori della Casa, sono riusciti a mettere una pietra sul passato.

Avere un bambino per me è stata la cosa più bella che mi potesse capitare, ha fermato la mia vita spericolata e i miei sbagli… Se vedessi mio figlio soffrire, soffrirei molto di più, non potrei mai lasciare mio figlio, unica ragione della mia vita, unica dolcezza infinita senza dolore e rimpianto di nulla.

Per questo dico grazie, grazie ancora a Sua Eminenza, per aver creato la Casa di Tonia, che ci sta aiutando tanto a riprendere quella vita che per noi era finita.


La storia di Marisel

Marisel è nata in una provincia di Santo Domingo. Ospite presso la Comunità di accoglienza Casa di Tonia dal 2012, in stato di gravidanza, al terzo mese.

Appena nata la piccola, non essendo stata dichiarata dal padre naturale, viene adottata dai nonni materni che le hanno così consentito di avere un cognome e due genitori dal punto di vista legale. Nonostante ciò la bimba è stata cresciuta dalla madre e dal padre naturali fino a 18 anni, quando Y. è arrivata per la prima volta qui in Italia, raggiungendo la madre adottiva (nonna materna) e le sorelle (zie).

L’obiettivo primario che ha spinto la giovane Marisel a recarsi in una paese straniero è quello di cercare un lavoro che le consentisse di inviare soldi ai genitori naturali per far fare mensilmente la spesa di generi alimentari, e di poter mettere dei soldi da parte per l’acquisto di un appartamento per i suoi cari, nel centro della città. La sua famiglia, infatti, vive in campagna e la madre ha sempre lavorato per crescere i suoi figli riuscendo a stento a sfamarli, pertanto non ha mai avuto la possibilità di trovare un alloggio migliore.

Arrivata in Italia la ragazza ha trovato dopo poco una lavoro come badante presso un’abitazione privata dove ha lavorato per cinque mesi. Successivamente ha trovato occupazione presso un’altra famiglia che le ha fatto un regolare contratto di lavoro.

Qui ha lavorato per due anni e mezzo, fino a quando ha scoperto di essere incinta, cosa che ha spinto il datore di lavoro a licenziare la giovane.

Anche il padre del bambino si è dimostrato disinteressato alla gravidanza, in quanto si è subito arrabbiato, incolpando Marisel di averlo fatto apposta e dichiarando di non volersi occupare né di lei né del bambino. Successivamente il giovane cercava di convincere Marisel ad abortire andando con un amico alla ricerca di un luogo dove poter effettuare l’intervento.

La ragazza ha da sempre rifiutato l’aborto ed il giovane l’ha messa di fronte ad una condizione: se avesse abortito lui avrebbe continuato la relazione con lei; se lei avesse scelto di tenere il bambino lui l’avrebbe lasciata sola per tutto il periodo della gravidanza, ricomparendo solo dopo la nascita del bambino, riconoscendolo legalmente, senza prendersi cura di Marisel.

Contemporaneamente la madre adottiva ed una sorella (zia) non hanno accettato la gravidanza e l’hanno messa alla porta, costringendola a dormire in un albergo di notte ed a vagabondare per la città di giorno.

Presa dalla disperazione, sola ed abbandonata da tutti, costretta dalla situazione estrema nella quale versava, chiama il suo fidanzato e gli dice che vuole abortire; lui la indirizza immediatamente presso un dottore.